domenica 11 settembre 2011

Chi ha orecchi per intendere intenda, ma l’Italia non ha più orecchio

La lettera aperta al Presidente della Repubblica che Quirino Principe, uno dei nostri più raffinati critici musicali, ha pubblicato oggi sulla prima pagina del Domenicale del Sole24ore, www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-09-11/questitalia-orecchio-081427.shtml?uuid=Aa0QfS3D,
suona come un presago grido d’allarme sulle sorti, non più magnifiche e progressive, della musica “forte” in Italia. Quando la platea attempata che frequenta abitualmente i teatri e le sale da concerto in Italia passerà a miglior (si spera) vita, scomparirà anche con essa il pubblico di quella musica che Principe preferisce chiamare “forte” anziché “classica”. “Forte” proprio perché contrapposta a quella musica “debole” (e non “leggera”) che «si fonda sulla ripetitività, sul sottofondo, su banali sensazioni». Da qui l’invito rivolto al Presidente della Repubblica perché l’insegnamento della musica abbia anche nel nostro sistema scolastico finalmente diritto di cittadinanza. Non si capisce, infatti, perché apprendere e comprendere il linguaggio della musica non debba essere una priorità per lo studente italiano così come lo studio di una lingua straniera o quello delle tecnologie informatiche (famigerati gli ultrasponsorizzati e finanziati corsi di ECDL). Studiare la musica non per diventare, necessariamente, un concertista o un musicista di professione (vi sono già all’uopo i conservatori di musica), ma per sapere che, oltre a Lady Gaga, Fabri Fibra e altre meteore di turno del carrozzone mediatico, vi sono (stati) Bach, Mozart, Beethoven, Chopin e i nostri, sì i “nostri”, Verdi, Puccini e Rossini. E, imparando la musica e suonandola come per gioco (“spielen” è il verbo che i tedeschi hanno inventato per esprimere tutto questo) sin dall’infanzia, comprendere il complesso e meraviglioso linguaggio che hanno usato quei compositori e, crescendo, diventare, anche grazie a quella musica forte, delle persone migliori.
Chi ha orecchi per intendere intenda, ma l’Italia non ha più orecchio.