venerdì 22 giugno 2018

Aristotele alla maturità classica. Sul passo di Etica Nicomachea VIII, 1155a scelto dal MIUR per la seconda prova 2018

Dirò subito che il passo di Aristotele scelto dal MIUR mi è piaciuto molto, anche se non so ancora quanto sia stato apprezzato dagli alunni del liceo classico di Pontedera che lo hanno tradotto ieri, nel caldo solstizio d’estate, sotto i miei occhi di commissario esterno di greco. Bello era il passo, anche se indubbiamente presentava qualche difficoltà (χαλεπὰ τὰ καλὰ…). Non mi sentirei però di criticare a priori la scelta degli esperti del MIUR che, per la terza volta, dopo il 1978 e il 2012, hanno proposto agli esami di maturità un brano dello Stagirita. Franca Gusmini ne ha fornito ieri un’accurata traduzione e un essenziale commento sul Corriere della sera (https://www.corriere.it/scuola/maturita/cards/maturita-2018-seconda-prova-ecco-versione-greco/amicizia-secondo-aristotele_principale.shtml). Qui mi soffermerò unicamente su due passaggi del testo da tradurre.
  Il primo, τί γὰρ ὄφελος τῆς τοιαύτης εὐετηρίας ἀφαιρεθείσης εὐεργεσίας, ἣ γίγνεται μάλιστα καὶ ἐπαινετωτάτη πρὸς φίλους; ἢ πῶς ἂν τηρηθείη καὶ σῴζοιτ’ ἄνευ φίλων; ὅσῳ γὰρ πλείων, τοσούτῳ ἐπισφαλεστέρα, viene tradotto dalla Gusmini in questo modo: «che utilità c’è, infatti, in tale benessere, una volta tolta la benevolenza, che si genera soprattutto, e lodatissima, nei confronti degli amici? O come la si potrebbe proteggere e salvaguardare senza amici? Quanto più essa è estesa, infatti, tanto più è esposta a rischi». Ma il soggetto dei due verbi, ἂν τηρηθείη e σῴζοιτ’, non può essere la «benevolenza» (εὐεργεσία), come si ricava dalla traduzione italiana proposta dalla Gusmini («la si potrebbe proteggere…»), ma il «benessere» (εὐετηρία), cui sono analogamente da riferire i due comparativi πλείων ed ἐπισφαλεστέρα.
  Il secondo punto è quello che giustamente la Gusmini ritiene il «più difficile» dell’intero brano per la presenza del genitivo βοηθείας, che andrebbe interpretato «come complemento di qualità»: καὶ νέοις δὲ πρὸς τὸ ἀναμάρτητον καὶ πρεσβυτέροις πρὸς θεραπείαν καὶ τὸ ἐλλεῖπον τῆς πράξεως δι’ ἀσθένειαν βοηθείας, τοῖς τ’ ἐν ἀκμῇ πρὸς τὰς καλὰς πράξεις. Ecco la sua traduzione, che presuppone come soggetto l’amicizia e un sottinteso ἐστί da unire a βοηθείας: «E ai giovani è d’aiuto per non errare (lett. «per il non errare»), ai vecchi per assistenza e per l’insufficienza ad agire (lett. «dell’azione») a causa della debolezza fisica, e a coloro che sono nel pieno (sott. delle forze) per (compiere) le nobili azioni». Ed è questa, sostanzialmente, anche la resa di Lucia Caiani in Etiche di Aristotele. Etica Eudemea. Etica Nicomachea. Grande Etica, a cura di Lucia Caiani, introduzione di Francesco Adorno (Torino: UTET, 1996), p. 405: «L’amicizia, d’altronde, è d’aiuto ai giovani perché non commettano errori; ai vecchi, perché siano curati e per supplire alla mancanza d’azione causata dalla loro debolezza; e a coloro che sono nel pieno vigore dell’età, perché compiano belle azioni». La Gusmini aggiunge inoltre che taluni hanno preferito al genitivo βοηθείας la lezione βοηθεῖ («aiuta», terza persona singolare  dell’indicativo presente di βοηθέω) attestata dal Parisinus gr. 1417 (s. XV), che presupporrebbe sempre come soggetto l’amicizia e spianerebbe la sintassi.
  In effetti, l’uso del genitivo βοηθείας nel passo dell’Etica Nicomachea in questione è senz’altro problematico, e l’unica soluzione parrebbe, come notato dalla Gusmini, quella di postulare un genitivo di qualità, cf. Eduard Schwyzer, Griechische Grammatik, II, Syntax und syntaktische Stilistik., vervollständigt und herausgegeben von Albert Debrunner (München: C. H. Beck, 1950; 19885), p. 122 (δ) “Der qualitative Genitiv […] bezeichnet Raum- und Zeitmaß, Gewicht u.a.” e, soprattutto, p. 124 (δ) “Gen. qualitatis”, con esempi dell’uso che si ritrovano sia nel LSJ, s.v. εἰμί, II “c. gen.”,  sia nel dizionario, in largo uso nella scuola italiana, di Franco Montanari, Vocabolario della lingua greca, con la collaborazione di Ivan Garofalo e Daniela Manetti. Fondato su un progetto di Nino Marinone, 3edizione (Torino: Loescher editore, 2013), s.v. εἰμί, 1c “con gen. di qualità (età, materia, misura, doti e sim.)”. Tuttavia, quest’uso indipendente di βοηθείας, che dovrebbe postulare un sottinteso ἐστί, non sembra ricorrere altrove in Aristotele,  che tende, non è stato osservato, a costruire il genitivo βοηθείας con la preposizione χάριν, cf. De partibus animalium 655b 5 Πάντα δὲ ταῦτα βοηθείας ἔχουσι χάριν τὰ ζῷα, 658b 14 Αἱ δ’ ὀφρύες καὶ αἱ βλεφαρίδες ἀμφότεραι βοηθείας χάριν εἰσίν, 661b 5 τὰ μὲν γὰρ ἀμφοῖν ἕνεκεν ἔχει, καὶ τοῦ μὴ παθεῖν καὶ τοῦ ποιεῖν, οἷον ὅσα σαρκοφάγα τῶν ἀγρίων τὴν φύσιν ἐστίν, τὰ δὲ βοηθείας χάριν, ὥσπερ πολλὰ τῶν ἀγρίων καὶ τῶν ἡμέρων, 662b 27 Βοηθείας γὰρ καὶ ἀλκῆς χάριν ἔχουσι τὰ ζῳοτόκα, ὃ τῶν ἄλλων τῶν λεγομένων ἔχειν κέρας οὐδενὶ συμβέβηκεν.
   Bisogna inoltre considerare che, accanto alla variante βοηθεῖ, menzionata dalla Gusmini, due codici aristotelici, H(Marcianus gr. 214, XI s.) e M(Marcianus gr. 213, XV s.), presentano la lezione βοήθεια (nominativo), che è stata invece accolta nell’edizione teubneriana di F. Susemihl e O. Apelt (editio altera, Leipzig 1903; in app., a differenza dell’edizione di Susemihl del 1880, la lezione  βοήθεια è attribuita al solo Marcianus gr. 213) e questo renderebbe la costruzione analoga ad altri luoghi in cui Aristotele adopera il sostantivo al nominativo in unione al dativo, cf. Parva naturalia, 470a 22 τοῖς μὲν φυτοῖς ἡ διὰ τῆς τροφῆς καὶ τοῦ περιέχοντος ἱκανὴ γίνεται βοήθεια πρὸς τὴν τοῦ φυσικοῦ θερμοῦ σωτηρίαν («per le piante l’aiuto che proviene dal nutrimento e da ciò che le circonda è sufficiente per la conservazione del calore naturale»; trad. di Andrea L. Carbone in Aristotele, L’anima e il corpo. Parva Naturalia [Milano: Bompiani, 2002]), Politica 1254b 25 καὶ ἡ χρεία δὲ παραλλάττει μικρόν· ἡ γὰρ πρὸς τἀναγκαῖα τῷ σώματι βοήθεια γίνεται παρ᾽ ἀμφοῖν, παρά τε τῶν δούλων καὶ παρὰ τῶν ἡμέρων ζῴων («Anche il loro impiego [degli altri animali] peraltro differisce di poco: entrambi infatti, gli schiavi e gli animali domestici, sono d’aiuto alle necessità della vita col loro corpo»; trad. di Giuliana Besso in Aristotele, La Politica, direzione di Lucio Bertelli e Mauro Moggi [Roma: «L’Erma di Bretschneider», 2011]). Avrebbero pertanto fatto bene gli esperti del MIUR, vista la problematicità del passo, a fornire almeno una nota esplicativa per la traduzione del genitivo βοηθείας che si legge nell’edizione di I. Bywater, Aristotelis Ethica Nicomachea (Oxonii: e typographeo clarendoniano, 1894), il testo critico utilizzato dal MIUR (presente nella Perseus collection) e seguito anche per la traduzione italiana di Lucia Caiani e quella, più recente, inglese di R. C. Bartlett e S. D. Collins, Aristotle’s Nicomachean Ethics (Chicago: University of Chicago Press, 2011), in cui il passo in questione è interpretato nel modo seguente: «And friendship is a help to the young, in saving them from error, just as it is also to the old, with a view to the care they require and their diminished capacity for action stemming from their weakness; it is a help also to those in their prime in performing noble actions». Bella quindi, e coraggiosa la scelta di questo Aristotele, ma una altrettanto bella tiratina di orecchi se la meriterebbero gli esperti del MIUR per questo arduo passaggio dato in pasto spensieratamente agli studenti del classico.   
  Aggiungo che i problemi di interpretazione del testo, qualunque sia la lezione accolta, rimangono. A una prima lettura, infatti, avevo intuitivamente riferito l’inizio del passo problematico καὶ νέοις δὲ πρὸς τὸ ἀναμάρτητον… a quanto precedeva nel testo di Aristotele, ossia ἐν πενίᾳ τε καὶ ταῖς λοιπαῖς δυστυχίαις μόνην οἴονται καταφυγὴν εἶναι τοὺς φίλους, interpretando «e [sono gli amici un rifugio] ai giovani per non sbagliare» (per καταφυγή col dativo cf. Historia animalium 578b 21 Εἴθισται δ’ ἄγειν τοὺς νεβροὺς ἐπὶ τοὺς σταθμούς· ἔστι δὲ τοῦτο τὸ χωρίον αὐταῖς καταφυγή, πέτρα περιρραγεῖσα μίαν ἔχουσα εἴσοδον). Mi accorgo adesso che è questa anche l’interpretazione seguita nella versione araba, cf. The Arabic version of the Nicomachean Ethics, edited by Anna A. Akasoy and Alexander Fidora, with an introduction and annotated translation by Douglas M. Dunlop (Leiden/Boston: Brill, 2005): «Also in poverty and the other misfortunes [there] is not thought to be any refuge except friends. They are the refuge of the young that they should not err, and the help of the old in the attention which they need in lack of activity owing to thei weakness, and [a friend] helps those in the prime of life in good actions» (alla nota 7 si chiarisce la traduzione di «the help» in questo modo: «Arabic wa-ma‘ūnah, i.e. βοήθεια, the reading of M[Arberry])».
  Last but not least, il duale nella citazione omerica di Il. 10.224 σύν τε δύ᾽ ἐρχομένω, che avrà mandato in estasi Andrea Marcolongo, è almeno la riprova che questo tanto vituperato numero greco vale ancora la pena insegnarlo ai nostri studenti del classico.

11 commenti:

  1. secondo me si DEVE protestare contro queste scelte del Ministero: se noi diamo in classe testi difficili la metà di questo si fa la coda di protestatori davanti all'ufficio del DS; un burocrate ministeriale invece può fare quello che vuole mettendo in difficoltà tutti

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  2. Caro Alessandro, hai ragione. Il problema è anche che gli esperti del MIUR non sono né docenti che lavorano quotidianamente nelle aule né scrupolosi filologi, se scelgono i testi senza utilizzare le edizioni critiche più recenti e considerare le difficoltà che alcuni passi presentano anche per l’incertezza della constitutio textus.

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  3. Il brano è sicuramente interessante, ma le difficoltà di resa e di interpretazione quasi insormontabili per un maturando medio (credo che al massimo i più accorti avranno tradotto in maniera pedissaquemente 'letterale',adagiandosi sul testo con il risultato di una traduzione al limite dell'incomprensibile). Con Federico Condello (che ha pubblicato la sua resa e una nota di commento ieri su Repubblica, avevamo a lungo discusso della difficoltà, soprattutto di βοηθείας: senza una nota esplicativa anche un grecista esperto rimane perplesso.
    Ciò dimostra che a) gli 'esperti' del ministero non sono affatto tali (troppo chiedere di scegliere il passo a un grecista un minimo consapevole?); b) che non hanno MAI messo piede in una classe; c) che nessuno al ministero sa quello che fa.
    Non è storia nuova, purtroppo. Non basta scegliere un autore bisogna anche leggere il brano che si vuole proporre

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  4. Non so perché il precedente commento mi è venuto 'anonimo'. Sono Gianfranco Agosti, docente di filologia classica a Roma Sapienza (e già docente per otto anni nei licei)

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    1. Caro Gianfranco, grazie delle tue lucide e condivisibili osservazioni.

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  5. Grande Gianfranco! Ed eccellente la disamina di Domenico! Ma il MIUR non dovrebbe scegliere gli esperti fra i docenti come voi? Voglio i nomi! E ricordiamoci la crux nel passo di Luciano di quattro anni fa.

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    1. Grazie dell’attenzione e delle tue considerazioni. Aspetteremo di conoscere la riforma dell’esame di maturità. Un abbraccio.

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  6. Buongiorno. Fermo restando che il passo proposto, bello quanto si vuole, ma non certo alla portata di studenti medi (troppe ellissi, brachilogie e variationes giustificate, come si sa, da scopo e destinatario dell'originale), mi piacerebbe riportare qui le riflessioni di un collega di Napoli, Enrico Renna del Liceo Pansini, con cui mi trovo più in accordo, essendo state queste le prime indicazioni date ai ragazzi all'impronta di fronte al loro sgomento per quel genitivo che non sapevano concordare o far dipendere, né penso ad un accusativo plurale in simmetria con καταφυγήν (credo che sarebbe stato al singolare, data la valenza semantica di βοήθεια in questo contesto. Ma ecco le considerazioni del collega Renna: "Il testo, così com'è, è indubbiamente problematico nella costruzione sintattica, non nel senso complessivo. Lasciando il brano così com'è con la lezione βοηθείας e, interpretando il nuovo periodo (che principia con Και νέοις ...) come uno sviluppo del precedente, io penserei ad un punto in alto (e non al punto fermo) prima di και νέοις ed interpreterei il βοηθείας come un genitivo sing. dipendente da ασθένειαν (propter imbecillitatem in auxiliando: una glossa? così Pietro Rosa): il vecchio è "inerme" per la debolezza legata all'età, incapace di agire rispetto al giovane." Si perdoni la grafia del greco priva dei spiriti e degli accenti giusti, ma lo smartphone mi offre solo il neogreco. Angela Iannuzzi, Liceo Umberto I Napoli.

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  7. Cara collega, grazie del commento. L’interpretazione proposta da Renna, «βοηθείας come un genitivo sing. dipendente da ασθένειαν», è quella a cui ha anche pensato il mio collega Massimo Baldacci di Pisa, che ha proposto questa traduzione su Facebook: «E questo vale per i giovani ai fini di non commettere errori, per gli anziani al fine di ricevere cure e per compensare la mancanza di aiuto nell'azione derivante dalla loro condizione di debolezza». Analogamente l’altro mio collega, Alessandro De Cristofano, sempre su Facebook ha spiegato così: «δι’ ἀσθένειαν βοηθείας l'ho inteso come debole capacità di pensare a sé cioè non l’aiuto che ti danno ma la tua autonomia o capacità di operare in autonomia». Quello che però fa difficoltà, come ho già scritto, è che Aristotele tende a costruire βοηθείας con la preposizione χάριν. L’ipotesi pertanto che il testo sia corrotto e nasconda una glossa, come l’amico Pietro Rosa suggerisce, o che, come ipotizzato da Renzo Tosi, il genitivo possa dipendere da qualcosa caduto nel testo («come un δεομένοις») sarebbe da prendere in considerazione.

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    1. vorrei poi rilevare che la docente cui il Corriere ha fatto ricordo come consulente ha sbagliato pure lei (il pure perché mi immagino gli errori dei candidati)in un altro punto della traduzione: volete prova più lampante che non era un testo da proporre? chiederne conto al MIUR

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  8. Caro Alessandro, quanto a Franca Gusmini, che ha dato la sua interpretazione sul Corriere, l’errore da me segnalato si tratta evidentemente di una svista dovuta alla fretta con cui la collega ha dovuto consegnare il pezzo al giornale. Bene ha poi fatto la Gusmini a evidenziare la problematicità del passaggio su cui tanto si sta discutendo.
    Problematicità che è sfuggita a chi il passo lo ha scelto per i nostri maturandi del classico.

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